Attaccamento e relazioni adulte: il filo invisibile che attraversa la nostra storia
- vincenzoghianda8
- 14 nov
- Tempo di lettura: 4 min
Quando parliamo di attaccamento ci riferiamo al modo in cui, da bambini, abbiamo imparato a sentire la vicinanza dell’altro e a regolare le nostre emozioni in presenza – o assenza – della figura di riferimento. È attraverso la qualità del contatto con chi ci ha accuditi che costruiamo i primi modelli di sicurezza, fiducia e connessione.

Come si formano gli stili di attaccamento
Nella prospettiva psicodinamica, l’attaccamento nasce da un dialogo profondo, fatto di sguardi, ritmi, risposte emotive.
Non si tratta semplicemente di “quanto” un genitore c’è, ma come c’è. Nel tempo, il bambino organizza queste esperienze in un modello interno, una sorta di mappa relazionale che continuerà a guidarlo anche da adulto.
I principali stili di attaccamento sono:
Sicuro: il bambino percepisce una presenza prevedibile, affettuosa, capace di accogliere emozioni e bisogni. Impara che può protestare, esplorare, chiedere conforto senza perdere la relazione.
Ansioso (o ambivalente): la figura di accudimento è intermittente, a tratti disponibile, a tratti emotivamente assente. Il bambino sviluppa un forte bisogno di vicinanza e una paura costante di perderla.
Evitante: la risposta dell’adulto è fredda, distante o troppo orientata alla performance. Il bambino apprende che esprimere bisogni non è utile, e costruisce una forma precoce di autosufficienza emotiva.
Disorganizzato: quando la figura di riferimento è fonte sia di conforto sia di paura, il sistema di attaccamento va in cortocircuito. Non esiste una strategia coerente: si alternano comportamenti confusi, impulsivi, ambivalenti.
Questi modelli non sono etichette definitive, ma matrici emotive che tendono a riattivarsi nelle relazioni importanti, soprattutto quelle intime.
Match di attaccamento e possibili esiti: quando due storie si incontrano
Le relazioni adulte non nascono mai nel vuoto: sono l’incontro tra due storie emotive. Ogni partner porta con sé la propria mappa di sicurezza, paura, distanza e vicinanza. È in questo incrocio che emergono i match di attaccamento, non come formule fisse ma come dinamiche che si modellano nel quotidiano.
Sicuro + Sicuro
Quando due persone con un attaccamento sicuro si incontrano, la relazione tende a respirare. La vicinanza non è vissuta come invasione e l’autonomia non rappresenta una minaccia. I conflitti non vengono evitati, ma attraversati, con la certezza implicita che la relazione non crollerà al primo urto.L’esito è una connessione equilibrata, capace di includere momenti di fragilità senza temere il giudizio. È una relazione che può approfondirsi nel tempo perché lascia spazio alla crescita individuale senza rinunciare alla reciprocità.
Ansioso + Evitante
Questo è il legame più frequente e, spesso, il più tormentato. L’ansioso desidera vicinanza, teme l’allontanamento e interpreta ogni sfumatura come possibile perdita. L’evitante, al contrario, vive la troppa prossimità come rischio di invasione e tende a ritirarsi proprio nei momenti in cui l’altro vorrebbe più contatto.Ne nasce una danza dolorosa: più l’ansioso si avvicina, più l’evitante si difende; più l’evitante si allontana, più l’ansioso teme l’abbandono. È un circolo che conferma i timori di entrambi.Gli esiti sono relazioni a elastico, fatte di intensità e distacco, di attese frustrate e ritorni improvvisi. Spesso entrambi sentono un forte legame, ma faticano a trovare un ritmo condiviso.
Ansioso + Ansioso
Quando due persone con attaccamento ansioso si incontrano, la relazione può accendersi rapidamente: la necessità di contatto e rassicurazioni reciproche crea una sorta di fusione iniziale. Tuttavia, sotto questa vicinanza si nasconde una costante paura: l’idea che il legame possa interrompersi da un momento all’altro.Ogni silenzio viene interpretato come rifiuto, ogni distanza come segnale di disinteresse. Le emozioni diventano intense e difficili da regolare, e i conflitti possono esplodere in modo brusco, per poi stemperarsi altrettanto velocemente.A lungo andare, questa iperattivazione può rendere la relazione instabile, impegnativa, faticosa per entrambi.
Evitante + Evitante
In questo match può apparire tutto tranquillo: pochi litigi, grande autonomia, una certa “pulizia” emotiva. Ma è proprio questa distanza costante a creare una relazione che rischia di restare in superficie.La paura della vulnerabilità impedisce di costruire un’intimità profonda: nessuno dei due mette realmente a nudo bisogni, fragilità, paure. Con il tempo la relazione può trasformarsi in una convivenza funzionale ma svuotata, dove ci si protegge più che incontrarsi.L’esito più comune è un progressivo allontanamento silenzioso, spesso percepito come inevitabile.
Disorganizzato + qualsiasi pattern
L’attaccamento disorganizzato porta nella coppia un’oscillazione continua tra bisogno di vicinanza e paura della vicinanza stessa. L’altro può essere percepito a momenti come rifugio e a momenti come minaccia.Questa imprevedibilità crea relazioni intense, a tratti travolgenti, ma segnate da confusione e riattivazioni emotive profonde.Gli esiti variano molto: dall’instabilità cronica alla possibilità, se il partner è capace di offrire un contenimento stabile, di intraprendere un percorso di trasformazione. Tuttavia, senza un lavoro personale, la relazione tende a procedere per strappi, allontanamenti e riavvicinamenti drammatici.
Trasformare l’eredità affettiva
Comprendere il proprio stile di attaccamento non significa condannarsi a un destino relazionale già scritto. Al contrario, è un primo passo per leggere con maggiore lucidità ciò che accade nella coppia e interrogarsi su come quei vecchi modelli si attivano nel presente.
La relazione terapeutica può diventare un luogo in cui sperimentare un contatto diverso: più stabile, più rispettoso dei tempi emotivi, più capace di accogliere e riparare. Attraverso questa esperienza, i modelli interni possono gradualmente trasformarsi, aprendo la possibilità a legami meno reattivi e più liberi.
Non si tratta di cambiare il passato, ma di permettere al presente di essere davvero nuovo.




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